Ligabue – Una vita da mediano

Uno dei capolavori più famosi del Liga, scelto per diversi video sui calciatori e persino per una campagna politica, ha un’anima triste, melanconica, sembra commiserare la figura di questo sportivo: il mediano. Ecco che il centrocampista diventa quasi una riserva, l’ultimo raccattapalle (n.b. “a recuperar palloni/nato senza i piedi buoni”), uno che è finito per caso in una rosa di campioni, solo perché non è riuscito ad arrivare ‘più in alto’, perché sa correre, o semplicemente accetta di doverlo fare, ma non saprebbe calciare un pallone per centrare il buco della porta.

Ma siamo proprio sicuri che oggi i ragazzi in pantaloncini sognino ancora Maradona e Pelè? E’ vero che il mitico 10 è il numero dei grandi fantasisti e dei nostri capitani più amati, come Totti e Del Piero, ma non possiamo dimenticare i centrocampisti più famosi, come Platini, Falcao, Franco Causio e Marco Tardelli, solo per citarne alcuni. Gli anni di fatica e botte, poi, ci fanno senza dubbio pensare a Gattuso, mediano di sfondamento nel vero senso della parola, che a vincere i Mondiali c’è arrivato, eccome! Con la nostra Nazionale e con il suo collega Daniele De Rossi. Amato da italiani e romanisti, nonché dalle fans scalmanate, per il suo aspetto fisico, e famoso a livello mediatico al pari dell’amico Francesco Totti, De Rossi è attualmente il mediano più completo e atleticamente preparato. E non mi venite a dire che nell’anno di Campionato 2009/2010 non ha segnato più goal della ‘testa di Toni’!

Chi è, allora, il mediano della canzone di Luciano Ligabue? Forse il cantante emiliano sa bene quanto sia dura la partita, che non possiamo essere tutti fuoriclasse affermati, ma che ognuno lo è a suo modo.

Io credo che, in realtà, copriamo un po’ tutti questo ruolo,siamo tutti un po’ mediani. Eccola, allora, che puo’ venir fuori di nuovo la malinconia della canzone: “UNA VITA DA MEDIANO”, come metafora di vita!
La vita, in fondo, cos’è se non un gioco, una grande partita, che dura 90 minuti spalmati in novant’ anni, con le sue regole, le sue difficoltà, i suoi avversari, i suoi ostacoli e le sue alleanze.
Siamo ognuno al centro della nostra vita, in mezzo al campo; su e giù sulla fascia, sempre avanti e indietro sul nostro percorso. Siamo ognuno sempre tra la difesa e l’attacco, a guardarci intorno, a studiare i volti di chi ci circonda per capire di chi poterci fidare. Quanti di noi si sono sentiti parte di un gruppo, di una squadra, e hanno corso, si sono affannati per i propri compagni, per raggiungere l’obiettivo prefisso, per ottenere una vittoria! Quanti di noi hanno lanciato un assist ad un amico, che non ha colto, o che ha terminato l’azione, prendendosene tutto il merito! Quanti di noi, infine, si sono ritrovati a lottare da soli, pur in mezzo a tanta gente! Quante risse, quante gioie, quanti progressi e quante ferite si materializzano, pensando a quello che abbiamo vissuto fin’ora e immaginando cio’ che ci attende?

D’altronde, lo sport è spesso metafora di vita e insegnamento. Specchio di impegno, cadute e soddisfazioni, proprio come una partita di calcio, che si aspetta il 2-0 sul fischio del 90°. Per concludere alla Liga, insomma:  “ Lavorare sui polmoni e finchè ce ne hai, stai li’! ”.

Erika Mogavero